Gli hacker di automobili

La questione della guida parzialmente o completamente autonoma è diventato, ormai, un ‘must’ per tutte le case automobilistiche. Il caso più famoso è sicuramente quello della Google Car, che, probabilmente, è anche il progetto più vicino alla realizzazione. Non mancano, poi, i marchi come Audi con la Audi A7 “Jack”; Volkswagen, che è entrata nel Centro tedesco di Ricerca per l’Intelligenza Artificiale (DFKI), la maggiore e più rinomata istituzione scientifica specializzata nell’intelligenza artificiale a livello mondiale; e il gruppo FCA, che ha annunciato l’avvio di una partnership con Google.

range rover ok.jpgModello Range Rover Sport su sterrato

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Un altro sorprendente esempio di automazione nell’automobile è quello sviluppato dalla Land Rover: un prototipo di app per smartphone trasforma la Range Rover Sport in un fuoristrada a controllo remoto. “Su terreni particolarmente ostici” spiega l’ingegnere Mark Cund, “è spesso indispensabile avere una persona che possa guidarti sporgendosi dal finestrino. Ma quando sei da solo potresti essere condannato a fermarti ogni due metri, saltare giù dal veicolo e buttare un occhio al terreno”. Lo smartphone e il SUV dialogano fra loro attraverso il Bluetooth, permettendo così al “conducente” di manovrare da sterzo, acceleratore e freno, nonché di selezionare le marce alte o le ridotte, tutto dal telefono.

Da una parte, secondo uno studio dell’IHS Automotive, la guida autonoma porterà ad un incremento sensibile nella vendita di auto, fino a sfiorare la quota di 21 milioni di veicoli l’anno nel 2035, grazie all’incremento degli investimenti in questo tipo di progetti. Dall’altra nascono i problemi legati all’ affidabilità dei sistemi software e alla sicurezza contro gli attacchi hacker (per ora teorici, ma ben presto reali) ai danni delle automobili.

Tutto lo scetticismo riguardo ai possibili attacchi hacker alle automobili fu spazzato via nel 2015 da un test effettuato da Charlie Miller e Chris Valasek, due esperti informatici dediti da tempo alla sicurezza automobilistica. Essi dimostrarono che, noto l’indirizzo IP del veicolo (dotato di un collegamento Internet integrato), si potesse accedere da remoto alla centralina che controlla l’intrattenimento di bordo e da li, attraverso uno specifico software da loro sviluppato, poter controllare praticamente ogni cosa.

Tweet originale di Andy Greenberg, alla guida della Jeep Cherokee

Così, Miller e Valasek si impossessarono di qualsiasi comando di una Jeep Cherokee, alla cui guida c’era Andy Greenberg, giornalista di Wired Usa: gli fu cambiata la stazione radio e il volume fu alzato al massimo, gli furono azionati i tergicristalli, ma, soprattutto, non ebbe più il controllo su freni, acceleratore e volante.

Si potrebbe pensare che il problema sia di Chrysler. I due hacker, infatti, sfruttarono una falla nel sistema digitale Uconnect; tuttavia, sostengono, difficilmente gli altri produttori di auto hanno sistemi più solidi. Si stima che, solo negli Usa, ci siano più di mezzo milione di veicoli vulnerabili ad attacchi di questo tipo.

Il fatto è che le auto sono ogni giorno più simili a un computer, le quali, collegate a Internet, entrano a far parte di ciò che chiamiamo Internet of Things. E questo, in linea di principio, è un grande guadagno per il guidatore. Allo stesso tempo però non possiamo permettere che su strada circolino mezzi che si possano attaccare in questo modo, mettendo a rischio sia l’incolumità di chi è sul veicolo sia la privacy degli stessi.

L’approccio alla sicurezza deve cambiare e diventare molto più rigido, seguendo le orme degli Usa che hanno avanzato una proposta di legge per rendere più affidabili gli standard di sicurezza informatica per i mezzi di trasporto.


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